Il fumo

      
                                                                           

                                                                     

Le prime sigarette ch’io fumai non esistono più in commercio. Intorno al 70 se ne avevano in Austria di quelle che venivano vendute in scatoline di cartone munite del marchio dell’aquila bicipite. Ecco: attorno a una di quelle scatole s’aggruppano subito varie persone con qualche loro tratto, sufficiente per suggerirmene il nome, non bastevole però a commovermi per l’impensato incontro.

Penso che la sigaretta abbia un gusto più intenso quand’è l’ultima. Anche le altre hanno un loro gusto speciale, ma meno intenso. L’ultima acquista il suo sapore dal sentimento della vittoria su sé stesso e la speranza di un prossimo futuro di forza e di salute. Le altre hanno la loro importanza perché accendendole si protesta la propria libertà e il futuro di forza e di salute permane, ma va un po’ più lontano.

Ma allora io non sapevo se amavo o odiavo la sigaretta e il suo sapore e lo stato in cui la nicotina mi metteva. Quando seppi di odiare tutto ciò fu peggio. E lo seppi a vent’anni circa. Allora soffersi per qualche settimana di un violento male di gola accompagnato da febbre. Il dottore prescrisse il letto e l’assoluta astensione dal fumo. Ricordo questa parola assoluta! Mi ferì e la febbre la colorì: Un vuoto grande e niente per resistere all’enorme pressione che subito si produce attorno ad un vuoto. Quando il dottore mi lasciò, mio padre (mia madre era morta da molti anni) con tanto di sigaro in bocca restò ancora per qualche tempo a farmi compagnia. Andandosene, dopo di aver passata dolcemente la sua mano sulla mia fronte scottante, mi disse:

– Non fumare, veh!

Mi colse un’inquietudine enorme. Pensai: «Giacché mi fa male non fumerò mai più, ma prima voglio farlo per l’ultima volta». Accesi una sigaretta e mi sentii subito liberato dall’inquietudine ad onta che la febbre forse aumentasse e che ad ogni tirata sentissi alle tonsille un bruciore come se fossero state toccate da un tizzone ardente. Finii tutta la sigaretta con l’accuratezza con cui si compie un voto. E, sempre soffrendo orribilmente, ne fumai molte altre durante la malattia. Mio padre andava e veniva col suo sigaro in bocca dicendomi:

– Bravo ! Ancora qualche giorno di astensione dal fumo e sei guarito!

Italo Svevo, La coscienza di Zeno


     Pourquoi ne fume-t-on plus ? Je ne veux pas dire qu'il n'y a plus de fumeurs , plus de gens tirant obsessivement sur des cigarettes et les écrasant comme des insectes nuisibles une fois leur forfait accompli. Mais plus de fumeurs tenant nonchalamment leur cigarette entre index et majeur, la main retournée en arrière, comme le fait la belle Lucia Berlin sur cette photo (dont la plupart des éditeurs ont fait disparaître la cigarette)

   On voit fumer sur les trottoirs les employés d'entreprises chassés des étages de bureaux, grillant leur clope rapidos. On voit fumer des gens qui font leur PMU dans les terrasses dédiées des cafés, où ils se regroupent l'hiver sous des chaufferies pour ne pas geler. On voit fumer dans les aeroports des êtres serrés dans des cages de verre à cet effet.  Peut être des collectionneurs de cigares dans des clubs sélect. On voit sans doute vapoter. Mais ces narguilés électriques sont ils des vrais fumer? On ne voit plus fumer quiconque comme dans les années 60, à la manière de Marie Laforêt dans Plein soleil ou Monika Vitti dans La notte. 

        Moi aussi, la plupart des tabacs que j'ai fumés n'existent plus. Les cigarettes Craven A ou Players, les boîtes de tabac pour pipe Kong Fredrik que je trouvais au Danemark, les cigarettes grecques Santé  ( dont le nom anticipait ironiquement les campagnes anti-tabac de 30 années plus tard) ou Karelias (au paquet alexandrin) sont des choses du passé.